Lo ribadisce l’Inail nella circolare n. 36/2018 pubblicata la scorsa settimana.
Possono presentare la domanda i malati di Mesotelioma da causa non professionale, riconducibile a “rischio ambientale” o a “esposizione familiare” a lavoratori occupati in lavorazioni dell’amianto e i loro eredi. L’importo della prestazione economica è fissata a € 5.600,00. Come in passato l’Inail ribadisce che considera soddisfatto il requisito dell’esposizione familiare a lavoratori impiegati nella lavorazione dell’amianto ove, dalla documentazione attestante la convivenza in Italia con il familiare in un periodo in cui quest’ultimo era impiegato, sempre in Italia, in una lavorazione che lo esponeva all’Amianto. L’insorgenza della patologia deve essere compatibile con i periodi della convivenza.
Sino ad oggi, in caso di decesso avvenuto successivamente al 1° gennaio 2015, la prestazione poteva essere corrisposta agli eredi, su richiesta degli stessi, solo nell’ipotesi in cui il lavoratore affetto da mesotelioma avesse presentato la necessaria istanza prima della morte.
Per gli anni 2018/2020, invece, gli eredi hanno un diritto autonomo: in caso di decesso del malato, la prestazione è riconosciuta a loro favore ripartita tra gli stessi a prescindere dal fatto che il relativo diritto sia stato esercitato in vita dal lavoratore deceduto.
Per ulteriori informazioni è possibile rivolgersi al proprio ufficio Inail di competenza.
Lo scopo è quello di riaprire il termine del giugno del 2005 considerando che dopo tale data, sono emerse nuove aree interessate dalla presenza di Amianto e nuovi lavoratori hanno maturato i requisiti di esposizione a tale agente patogeno, senza potere tuttavia usufruire del beneficio previdenziale.
L’Amianto resta ancora molto diffuso, sotto diverse forme, su tutto il territorio nazionale e per tale ragione occorre che Governo e Parlamento si assumano un impegno ufficiale a trovare una definitiva soluzione normativa che ponga fine a trattamenti diseguali tra lavoratori esposti in ragione del diverso periodo di esposizione.
Secondo Legambiente del resto, gli edifici pubblici e privati contenenti amianto sarebbero più di 188.000, mentre i siti industriali dislocati su tutto il territorio nazionale e altre strutture contenenti la pericolosa fibra sarebbero 6.913 con una particolare incidenza anche per quel che riguarda edifici scolastici. Dunque un intervento normativo sulla materia appare sicuramente necessario.
Da una recente intervista a Giuseppe Serravezza, medico oncologo salentino, emergono dati allarmanti dalla regione Puglia.
Un altissimo numero di malati di tumore nel Salento sarebbe collegato a ben 250 discariche abusive di amianto presenti su 30 comuni leccesi. Dunque, come spesso accade, finora il problema non è stato adeguatamente affrontato dalla politica e dalle istituzioni.
Sono tanti gli edifici abbandonati nei vari centri storici costruiti in amianto o comunque con un materiale all’epoca considerato conveniente perché economico e resistente al calore e da quando è cominciata la bonifica molti hanno pensato di abbandonare questo materiale nelle campagne, considerato l’elevato costo dello smaltimento ufficiale.
Basti pensare che per smaltire una lastra di amianto di poco più di un metro, occorrono ben 350 euro, che ovviamente non tutti sono disposti a spendere.
Le coperture in AMIANTO, fino al 1992 (anno in cui la legge italiana ha finalmente vietato l’uso di questo materiale) erano diffuse in ogni città, data la grande versatilità del materiale.
Quello che non si sapeva era che le intemperie, il vento e gli agenti atmosferici avrebbero corroso l’amianto, con il conseguente rilascio di micro filamenti cancerogeni nell’aria.