BONIFICHE LAZIALI


Ha avuto il successo sperato la prima sperimentazione partita in Italia, in particolare a Bergamo, con l’uso di un drone e di altri supporti di tecnologia innovativa, per verificare le coperture in Eternit e il loro stato di degrado.

Fino a oggi, infatti, queste operazioni erano fatte da tecnici con tutti i rischi connessi, anche legati all’altezza dei tetti. Con l’utilizzo di questi droni, particolarmente sofisticati, si potrà verificare lo stato di conservazione e decidere di programmare gli interventi secondo il grado di priorità.

La strada e’ quella giusta: innovazione a tutela dell’ambiente.

Il primo obiettivo è la realizzazione di una mappatura dettagliata, in grado di fornire indicazioni sulle zone interessate e sul rispettivo grado di deterioramento dell’Amianto. La conoscenza puntuale del territorio d’azione rappresenta uno step fondamentale per la buona riuscita delle fasi successive, ossia la creazione di una banca dati condivisa per permettere il dialogo tra i database già esistenti, ma indipendenti tra loro e la successiva programmazione degli interventi di bonifica secondo la normativa vigente.

Lo ribadisce l’Inail nella circolare n. 36/2018 pubblicata la scorsa settimana.

Possono presentare la domanda i malati di Mesotelioma da causa non professionale, riconducibile a “rischio ambientale” o a “esposizione familiare” a lavoratori occupati in lavorazioni dell’amianto e i loro eredi. L’importo della prestazione economica è fissata a € 5.600,00. Come in passato l’Inail ribadisce che considera soddisfatto il requisito dell’esposizione familiare a lavoratori impiegati nella lavorazione dell’amianto ove, dalla documentazione attestante la convivenza in Italia con il familiare in un periodo in cui quest’ultimo era impiegato, sempre in Italia, in una lavorazione che lo esponeva all’Amianto. L’insorgenza della patologia deve essere compatibile con i periodi della convivenza.

Sino ad oggi, in caso di decesso avvenuto successivamente al 1° gennaio 2015, la prestazione poteva essere corrisposta agli eredi, su richiesta degli stessi, solo nell’ipotesi in cui il lavoratore affetto da mesotelioma avesse presentato la necessaria istanza prima della morte.

Per gli anni 2018/2020, invece, gli eredi hanno un diritto autonomo: in caso di decesso del malato, la prestazione è riconosciuta a loro favore ripartita tra gli stessi a prescindere dal fatto che il relativo diritto sia stato esercitato in vita dal lavoratore deceduto.

Per ulteriori informazioni è possibile rivolgersi al proprio ufficio Inail di competenza.

Lo scopo è quello di riaprire il termine del giugno del 2005 considerando che dopo tale data, sono emerse nuove aree interessate dalla presenza di Amianto e nuovi lavoratori hanno maturato i requisiti di esposizione a tale agente patogeno, senza potere tuttavia usufruire del beneficio previdenziale.

L’Amianto resta ancora molto diffuso, sotto diverse forme, su tutto il territorio nazionale e per tale ragione occorre che Governo e Parlamento si assumano un impegno ufficiale a trovare una definitiva soluzione normativa che ponga fine a trattamenti diseguali tra lavoratori esposti in ragione del diverso periodo di esposizione.

Secondo Legambiente del resto, gli edifici pubblici e privati contenenti amianto sarebbero più di 188.000, mentre i siti industriali dislocati su tutto il territorio nazionale e altre strutture contenenti la pericolosa fibra sarebbero 6.913 con una particolare incidenza anche per quel che riguarda edifici scolastici. Dunque un intervento normativo sulla materia appare sicuramente necessario.

Lo scorso 19 giugno 2018 si è tenuta una conferenza stampa-seminario promossa dall’Ona sul tema “Come la ricerca può sconfiggere i tumori da amianto: le ultime scoperte scientifiche”.

I dati, esposti dal presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto Ezio Bonanni, nel  “Libro bianco delle morti di amianto in Italia”, sono allarmanti: nel 2017 in Italia i casi di mesotelioma sono stati 1.900 con 1.800 decessi;

Oggi la quantità di amianto da bonificare in Italia è elevatissima: circa 40 milioni di tonnellate, tra materiale compatto e friabile. Alto anche il numero dei siti contaminati: quelli industriali sono circa 50.000; gli altri, tra i quali edifici pubblici e privati sono 1.000.000; i siti di interesse nazionale 40, mentre le scuole esposte sono ben 2.400, 1000 le biblioteche e gli edifici culturali, 250 gli ospedali. A chiudere il drammatico quadro risultano ancora operative tubature della rete idrica in amianto, pari a circa 300.000 km.

Da una recente intervista a Giuseppe Serravezza, medico oncologo salentino, emergono dati allarmanti dalla regione Puglia.

Un altissimo numero di malati di tumore nel Salento sarebbe collegato a ben 250 discariche abusive di amianto presenti su 30 comuni leccesi. Dunque, come spesso accade, finora il problema non è stato adeguatamente affrontato dalla politica e dalle istituzioni.

Sono  tanti gli edifici abbandonati nei vari centri storici costruiti in amianto o comunque con un materiale all’epoca considerato conveniente perché economico e resistente al calore e da quando è cominciata la bonifica molti hanno pensato di abbandonare questo materiale nelle campagne, considerato l’elevato costo dello smaltimento ufficiale.

Basti pensare che per smaltire una lastra di amianto di poco più di un metro, occorrono ben 350 euro, che ovviamente non tutti sono disposti a spendere.

Le coperture in AMIANTO, fino al 1992 (anno in cui la legge italiana ha finalmente vietato l’uso di questo materiale) erano diffuse in ogni città, data la grande versatilità del materiale.

Quello che non si sapeva era che le intemperie, il vento e gli agenti atmosferici avrebbero corroso l’amianto, con il conseguente rilascio di micro filamenti cancerogeni nell’aria.

L’amianto è stato classificato tra le sostanze cancerogene da eliminare e comunque da trattare con criteri ben precisi, ma i costi di tali interventi hanno spesso frenato la bonifica di interi complessi.

Infatti, in base alla grandezza degli impianti contenenti amianto aumentano i costi per gli interventi di bonifica, per questo esistono una serie di agevolazioni da portare in detrazione nella dichiarazione dei redditi.

A seconda della categoria del richiedente vi sono infatti i seguenti benefici che è possibile sfruttare:

Ecobonus 65% per la riqualificazione energetica (per i privati cittadini, enti pubblici o privati che non svolgono attività commerciali).

Bonus ristrutturazioni 50% (per i privati cittadini, i soci di cooperative divise e indivise, soci delle società semplici, gli imprenditori individuali, ma solo per gli immobili non considerati in quanto merce o beni strumentali).

Le detrazioni fiscali ristrutturazioni danno diritto ad uno sgravio fiscale ai fini IRPEF del 50% sulle spese sostenute per interventi di edilizia (manutenzione ordinaria e straordinaria). Rientrano tra i lavori per i quali è possibile sfruttare l’agevolazione anche gli interventi legati alla rimozione dell’amianto, dunque anche i costi legati allo smantellamento, incapsulamento e smaltimento dell’amianto.

– Credito d’imposta (per i titolari di reddito d’impresa).

Per accedere al credito d’imposta il contribuente dovrà semplicemente compilare il modelloF24 online.

Innanzitutto, le modalità di rimozione dell’amianto sono stabilite in relazione allo stato di conservazione del materiale, poiché  se il materiale non è danneggiato viene effettuato un programma di manutenzione per evitare qualsiasi dispersione di fibra d’amianto ;

al contrario, se il materiale è degradato viene rimosso con idonee tecniche di bonifica e smaltito nei luoghi deputati a contenere i rifiuti speciali pericolosi.

Ribadiamo, che la rimozione dell’amianto deve essere effettuata esclusivamente da aziende specializzate.

Tuttavia, in base alla normativa vigente va osservata la seguente procedura:

  • verificare la presenza di amianto tramite un sopralluogo;
  • preparare e inviare la documentazione per le autorizzazioni necessarie all’Asl, almeno 30 giorni prima dell’inizio dei lavori;
  • incapsulare il materiale coprendolo con prodotti penetranti o ricoprenti;
  • bonificare le superfici circostanti, sulle quali il prodotto in amianto poggiava;
  • rimuovere il prodotto;
  • smaltire definitivamente il prodotto in discarica.

La larga diffusione dell’amianto principalmente nell‘edilizia, è dovuta al fatto che questo materiale è molto  economico e funzionale. Nonostante queste sue peculiarità, con l’aggravarsi dell’inquinamento atmosferico sono sorti i primi problemi poichè le piogge tendono a disgregare l’impasto cemento-amianto, portando ad una vera e propria erosione del materiale che disperde nell’ambiente particelle e polveri altamente nocive per l’uomo, soprattutto per l’apparato respiratorio.

Da qui, la necessità di monitorare ed infine eliminarne l’utilizzo.

Infatti, dal 1992 in Italia è vietato produrre, vendere e lavorare l’amianto. Tuttavia ancora oggi molti edifici contengono lastre di amianto, che con l’usura rischiano di rilasciare nell’aria le loro pericolosissime fibre.

E’ quindi molto importante rivolgersi ad aziende specializzate con comprovate qualifiche che siano  in grado di valutare l’aspetto del materiale, di trattarlo e infine di rimuoverlo per effettuare una corretta bonifica e smaltimento in apposita discarica.

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